Le prime notizie circa l’esistenza di campane a Colognola appaiono nel XIII secolo, quando l’esercito veronese saccheggiò e incendiò il paese. In questo episodio, avvenuto nell’anno 1232, avvenne la quasi completa distruzione del castello e fu portata via la grossa campana esistente sulla torre, opera del veronese Don Giò Batta Bonaventura.
Altre notizie a riguardo sono registrate nei secoli successivi e testimoniano la presenza in paese di due campane fino alla metà del ‘700. A quel tempo infatti il numero delle campane installate sulle torri era molto limitato, giacché avevano solo funzioni di segnale e avviso per la comunità. La situazione mutò successivamente con l’affermarsi della campana come strumento musicale.
Al termine dei lavori di costruzione della nuova torre vi erano presenti tre campane, il cui numero salì poi a quattro con la nuova fusione eseguita nel 1770 a Verona da Larducci. In meno di 4 mesi però si ruppero ben due campane, così nel 1771 ne vennero collocate cinque nuove fuse dallo stesso Larducci. Nonostante ciò, la vicenda non fu risolta, perché di lì a poco si verificarono ulteriori rotture.
Ecco allora che nel 1776 fu realizzato, ad opera del fonditore Giuseppe Ruffini, un possente quanto prestigioso concerto di otto campane costato ben 16768 lire. Proprio la realizzazione della campana maggiore di Colognola di circa 1500 kg certificò le capacità del fonditore, il quale entrò così a far parte della Corporazione dell’Arte dei Fabbri e Calderai di Verona.
Il concerto innalzato sul campanile di Colognola ai Colli con le sue otto campane, definite necessarie alla vastità di questo Comune, anticipò di molti decenni la tendenza veronese a superare il primitivo concerto a cinque voci. Si trattava infatti di un concerto unico nel suo genere, non solo per la grandezza, ma soprattutto perché era storicamente il primo in tutto il Veneto ad essere dotato di un così elevato numero di bronzi.
Il 1845 fu un altro anno importante: il fonditore Antonio Selegari eseguì la rifusione delle due campane maggiori e ne fuse una nuova, il cosiddetto Campanone o Rengo di Colognola. Grazie all’ultima aggiunta il concerto diventò il primo ad essere formato da nove campane, confermando il ruolo guida assunto nei confronti del mondo musicale campanario già dai tempi del fonditore Ruffini.
Essendosi rotte negli anni ben quattro campane, il 27 ottobre 1872 l’Arciprete don Carlo Vicentini autorizzò la Ditta Cavadini a rifondere le campane e poi ad esporle all’Esposizione Internazionale di Vienna dell’anno seguente. Presa perciò la decisione di rompere le cinque campane sane, […] dopo le Quarantore 1873, i primi di Quaresima, si calarono tutte dalla torre di Colognola e tutte si condussero a Verona per essere fuse di nuovo nell’Officina di Achille Cavadini.
Qualche giorno dopo vide la luce il nuovo concerto, alla cui spesa contribuirono, oltre al Monte, anche le frazioni di Pieve, San Zeno e San Vittore. Perfino l’imperatrice d’Austria Maria Carolina partecipò con 600 lire, che vennero utilizzate per pagare anche le spese del viaggio a Vienna su ferrovia.
Le campane, giunte a Vienna, stettero esposte per quasi sei mesi, e moltissimi anche dei nostri, le videro, le toccarono e furono testimoni che da mille parti furono ammirate. Fu così che, il 18 agosto 1873 all’Esposizione Universale, il concerto di nove campane fuse da Achille Cavadini venne premiato con la Medaglia d’oro al Merito.
Arrivate da pochi giorni sane e salve alla stazione di Verona, l’8 gennaio 1874 le campane furono trasportate a Colognola, dove vennero inaugurate il 19 aprile. Così parla la cronaca di allora:
“Trionfalmente si portarono colà, e Commissione e Fabbricieri, e popolo unitamente alla musica di Lavagno, e con nove carri pomposamente ornati e forniti di buoi chi di quattro, di sei, di otto e perfino di dieci tutti elegantemente forniti, e che insieme colla Banda che senza pena suonava massima nei paesi dove dovevano passare, fecero una comparsa veramente incantevole, e tutta la gente usciva con gioia fuori dalle case e moltissimi dai loro paesi per aver il contento di accompagnar tale spettacolo fino ai vicini paesi o alla vicina contrada. Arrivarono qui alle ore tre dopo pranzo e moltissima era la gente accorsa, anche di lontano. Comparve prima la compagnia dei traganti con tromboni a mano e subito tuonarono a meraviglia, poi i carri dalla campana più piccola fino al campanone e tutti con Evviva la salutarono per la Ben venuta e su tutti i volti si recava la lettizia ed il ristoro dal tempo perduto. Si lasciarono esposte sui carri fino a tutta la domenica 11 gennaio.”
Fino all’anno 1905 le campane erano sostenute da un castello in legno che periodicamente doveva essere sostituito perché soggetto all’usura e alle intemperie: si decise allora di costruire una nuova struttura di sostegno metallica, che fu terminata dalla ditta Cavadini in occasione della Pasqua del 1906.
Durante la seconda guerra mondiale, la necessità di rifornire di cannoni l’esercito portò dapprima ad un censimento informativo sulle campane destinate al culto nei primi mesi del 1941, poi alla raccolta delle stesse per un peso pari al 50-60% del totale presente sui campanili: fu così che molte torri vennero spogliate delle loro campane. Per quanto riguarda Colognola, con una lettera datata 12 novembre 1942 il Sottosegretariato di Stato per le fabbricazioni di guerra avvisò che, a partire dal giorno 16 novembre, si sarebbe proceduto alla raccolta delle campane facenti parte della chiesa di Monte, che risultavano in numero di 9 per un peso complessivo da rimuoversi pari a 4310 kg. L’Arciprete Mons. Alessandro Marangoni allora avvertì subito il cav. Ettore Cavadini, il quale si recò immediatamente a Colognola: l’esibizione della Medaglia d’oro e del diploma scritto in lingua tedesca riuscì a scongiurare la minaccia della distruzione del concerto.
Al gennaio 1994 risale invece l’elettrificazione delle cinque campane minori mediante un impianto a doppio uso: i motori, che fanno oscillare in modo automatico i bronzi per un semplice suono a distesa, possono essere velocemente disattivati, permettendo così l’esecuzione di concerti manuali ad opera dei suonatori.
Il concerto è intonato in SI bemolle grave e, con una massa complessiva di 7142 kg, si colloca per dimensioni al terzo posto nella provincia di Verona dopo i complessi della Cattedrale Santa Maria Assunta e di Cadidavid. La campana maggiore, con i suoi 2040 kg, è per massa la quinta del veronese.
Tutte e nove le campane sono dotate di battaglio munito di un particolare dispositivo, chiamato alza-battente e brevettato da Luigi II Cavadini, grazie al quale il battaglio stesso si distacca leggermente dalla superficie del bronzo subito dopo averlo colpito, aumentando così la resa armonica della campana e riducendone l’usura.
Le campane, tutte finemente e splendidamente decorate, presentano oltre alle iscrizioni anche le figure di diversi santi. Degno di nota è sicuramente il Crocifisso presente sul campanone, il cui corpo si stacca dalla superficie del bronzo, prova della pregevole fattura degli ornati.
Ogni campana ha il proprio compito: sebbene attualmente il loro ruolo abbia subito un notevole ridimensionamento, accompagnato dalla conseguente perdita della comune conoscenza del significato dei segni che esse erano solite dare alla popolazione, ancora oggi il loro suono segue un regolamento ben preciso.